venerdì 12 giugno 2015

Sindromi mielodisplastiche: la terapia chelante evita l''Iron overload', il danno da ferro

I pazienti trasfusione-dipendenti rischiano che l’accumulo di questo metallo danneggi organi e tessuti: per prevenirlo c’è la terapia ferrochelante. Ne parliamo con la dottoressa Milani del San Raffaele
Almeno la metà dei pazienti colpiti da una delle sindromi mielodisplastiche (SMD), un gruppo eterogeneo di malattie del sangue a bassa incidenza nella popolazione, è costretto a ricorrere a continue trasfusioni. Efficaci come terapia ma non del tutto prive di rischi: il principale è l’accumulo di ferro in organi e tessuti. Perchè si instaura e come intervenire? 
Le trasfusioni regolari di globuli rossi concentrati rappresentano una terapia di supporto che affianca altri trattamenti con chemioterapici e farmaci e sono efficace nel mantenere i livelli di emoglobina entro valori normali. Per alcuni pazienti rappresentano addirittura l’unica terapia prescritta. Il cosiddetto "iron overload" è un accumulo eccessivo di ferro nei tessuti che può progressivamente danneggiare cuore, fegato, pancreas e cute. E’ dovuto al fatto che nel nostro organismo non esiste un sistema di smaltimento di questo metallo, normalmente presente nel sangue legato all’emoglobina: si verificano solo piccole perdite fisiologiche, per lo più attraverso urina, feci e sudorazione. Con le trasfusioni, soprattutto quando numerose e continue, il livello ematico di ferro può aumentare e il corpo non riesce a eliminarlo. Per evitare questo accumulo dannoso esiste laterapia ferrochelante, ovvero la somministrazione di farmaci che legano il ferro nel sangue e ne impediscono un accumulo nei tessuti, favorendone l’eliminazione.
E’ sempre necessaria nei pazienti trasfusione-dipendenti?
“L’unico modo per evitare l’accumulo di ferro nei tessuti è proprio l’impostazione di una adeguata terapia ferrochelante. In condizioni normali l’assorbimento intestinale e le perdite di ferro sono in bilancio (circa 1mg/al giorno). Ogni unità di Globuli Rossi Concentrati (RBC) contiene 200-250 milligrammi di ferro. L’organismo non ha un meccanismo fisiologico per l’eliminazione il ferro in eccesso introdotto con le trasfusioni. Il sistema reticolo-endoteliale ha una capacità di clearance del ferro trasfuso di circa 10-15 grammi: superata questa soglia, il ferro si deposita e si accumula nei tessuti.”
Quando deve essere iniziata?
“Linee guida nazionali e internazionali suggeriscono di iniziare la terapia ferrochelante in pazienti con MDS a basso rischio, trasfusione-dipendenti con buona prognosi, dopo aver trasfuso 20-30 unità di globuli rossi concentrati, con livelli di ferritina >1000 microgrammi/litro o >2500 microgrammi/litro. Le linee guida della SIE (Società Italiana di Ematologia)-SIES (Società Italiana di Ematologia Sperimentale)-GITMO (Gruppo Italiano per il Trapianto di midollo Osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare) raccomandano di iniziare la ferrochelazione in pazienti con MDS a basso rischio che ricevono regolare terapia trasfusionale, dopo 20 unità di globuli rossi concentrati. Il farmaco di prima scelta è il Deferasirox, per la provata efficacia, per la favorevole via di somministrazione e per la farmacocinetica. In altre linee guida la concentrazione epatica e cardiaca di ferro può essere utile per la decidere se iniziare la chelazione, ma è una metodica più complessa e non è facilmente percorribile.”
Quali sono i rischi di una terapia trasfusionale non abbinata alla somministrazione dei ferrochelanti?
“I danni tissutali da deposito di ferro sono ben noti. L’esperienza deriva dai pazienti affetti da talassemia e sottoposti a supporto trasfusionale prolungato. Il danno non è solo dovuto al deposito di ferro negli organi ma anche al danno ossidativo dei tessuti che il sovraccarico provoca. Studi scientifici hanno documentato che il sovraccarico di ferro a livello cardiaco nei talassemici è causa di insufficienza cardiaca, con conseguente aumento di mortalità se non adeguatamente trattato. Un ampio dibattito è tuttora in corso circa gli effetti nocivi del sovraccarico di ferro nei pazienti affetti da MDS e sulla ferrochelazione. I pazienti con MDS pesantemente trasfusi, che sviluppano così un importante sovraccarico di ferro soprattutto a livello del fegato e del cuore, possono avere una ridotta sopravvivenza dovuta a insufficienza cardiaca o a cirrosi. Tuttavia non è ancora possibile definire quale sia lo specifico ruolo del sovraccarico nel causare l’insufficienza d’organo perché i pazienti con MDS hanno diverse comorbilità e possibili concause che è difficile valutare singolarmente.”
La terapia ferrochelante può contribuire a migliorare il quadro clinico nei pazienti?
“Alcuni studi retrospettivi hanno mostrato che una adeguata ferrochelazione in pazienti con MDS pesantemente trasfusi migliora la sopravvivenza e riduce la progressione della malattia. Occorre comunque attendere i risultati degli studi prospettici in corso per considerazioni conclusive.”